L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perché provi un senso di benessere quando gli sei vicino. Charles Bukowski

L’amore ha il profumo dei fiori di campo…

L’amore ha il profumo dei fiori di campo…

«Non è vero che non credi all’amore…», così scriveva Oriana Fallaci. Una frase che mi è venuta in mente ieri, mentre rientravo a casa all’ora del tramonto. Colpa di un improvviso déjà-vu. Infatti, quando ero ragazzina e per molti anni dopo, capitava spesso di assistere – in quel particolare momento della giornata – alla stessa scena. Si preannunciava con la voce in lontananza di un signore, “nu zio” (nel mio paese e in molti paesi cilentani si è soliti chiamare “zio/zia” le persone di una certa età, a prescindere che ci sia o meno un vincolo di parentela. Questo, perché, usare il termine “signore/a” viene percepito dall’interlocutore in questione (almeno in passato) come qualcosa di troppo impersonale, distaccato – per alcuni, in un certo senso, quasi “offensivo” – in un paese dove ci si conosce tutti, n.d.r.) che canticchiava i versi di qualche vecchia e allegra canzone di rientro dal lavoro nei campi. Tutto ciò, nonostante l’impegnativa giornata lavorativa e l’impervia salita che doveva affrontare. Una cosa che, di per sè, metteva di buonumore. Continuava a cantare fino a quando incrociandomi, con un dolce sorriso e con una gentilezza particolare, diceva: «Buonasera, signorina. Spero tutto bene. Mi raccomando saluti a casa…». Ovviamente rispondevo – ricambiando i saluti -, mentre lui proseguiva il cammino.

Tuttavia, un giorno – osservando che nel secchio dove trasportava alcuni attrezzi da lavoro e una bottiglia d’acqua, c’era sempre un mazzolino di fiori di campo – mi permisi di dirgli: «Tutti i giorni passate con questo bel mazzolino di fiori!». Lui, con un sorriso ancora più dolce del solito puntualizzò (la risposta era in dialetto, ma qui la scrivo in italiano): «Sono per la mia amata signora (moglie) che sta a casa e mi aspetta sempre. Anzi, è meglio che mi sbrighi, se no si preoccupa. A domani, se Dio vuole, “oi nenna”». A sentire ciò, non replicai, ma rimasi molto colpita da questo pensiero che – quotidianamente (e fino a quando le sue gambe hanno avuto la forza per fargli raggiungere i campi) – lui aveva nei confronti della moglie. Un gesto semplice, ma – allo stesso tempo – carico di amore incondizionato. Un amore che, nonostante la fatica e i sacrifici che potevano venire da una vita vissuta nei campi, non mancava di essere intriso di poesia; di cogliere la bellezza delle piccole ma grandi cose.

Una immagine dolce che avevo sedimentato in qualche angolo del cuore e che, probabilmente, i colori del tramonto di ieri hanno di colpo ridestato. Così, ritornando ai giorni moderni, pensando “agli amori dalle gambe corte”, oppure allo squallore a cui spesso si assiste, in generale, sui social (ovviamente, ci sono anche belle eccezioni!), ritorno alla citazione iniziale della Fallaci, che così prosegue: «Ci credi tanto (all’amore) da straziarti perché ne vedi così poco, e perché quello che vedi non è mai perfetto.»

E chest’è.

Rosy Merola